giovedì 18 settembre 2014

Musica e camorra // Intervista a Daniele Sanzone autore di "Camorra Sound" e cantante degli 'A67

Ecco l'intervista a Daniele Sanzone,membro degli storici 'A67 e autore di "Camorra Sound"(Magenes Editore),il libro che affronta il rapporto tra criminalità organizzata e musica a Napoli e apre un forte dibattito sul silenzio di molti musicisti partenopei riguardo alla camorra e ai clan.
Daniele parliamo di "Camorra Sound". Quando è nata l'idea del libro e come mai hai sentito l'esigenza di raccontare il rapporto tra musica e camorra?
In un certo senso questo libro chiude un cerchio. Si tratta di un lavoro che raccoglie le riflessioni e le esperienze di una vita vissuta a Scampia. Il mio quartiere mi ha sempre posto delle domande, alle quali ho cercato, negli anni, di dare delle risposte. Prima con un disco, ‘A camorra song’ io (Polosud, 2005),  per sottolineare l’aspetto culturale della camorra e oggi con un libro.

Nel libro affronti la questione dell'assenza da parte dei cantautori impegnati napoletani di una presa di posizione forte contro la camorra. Tu quale idea ti sei fatto su questo "silenzio", pensi ci siano alcuni silenzi che "pesano" più di altri?
E’ un discorso complesso perché la camorra e la nostra percezione di essa è cambiata nel tempo, così come è cambiata la musica napoletana e la sua urgenza comunicativa. Per esempio negli anni ’70 la camorra era essenzialmente una succursale della mafia che si occupava di contrabbando. Un fenomeno giustificato e tollerato dalle stesse istituzioni, perché dava da mangiare a migliaia di famiglie. Ma se questo giustificazionismo era per certi aspetti comprensibile in quegli anni, già non lo è più negli anni ’80, con l’arrivo della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. La faida tra N.C.O. e la Nuova Famiglia, in tre anni, conta 1500 morti. Un vero e proprio bollettino di guerra, e di fronte a questi numeri dilaga la rassegnazione e la paura. Nessuno più può far finta di non sapere. In quegli anni una mancata condanna pesa tantissimo e ovviamente non solo in musica. Certo i grandi autori parlando a un vasto pubblico avrebbero potuto fare tanto, ma questo non è avvenuto anche perché era legittimo avere paura, soprattutto se il primo latitante era e purtroppo è lo Stato.


C'è una Napoli musicale oggi, magari sotterranea, che resiste? 
Napoli è la capitale della (r)esistenza, altrimenti non si spiegherebbe come continua ad andare avanti nonostante i suoi eterni problemi.


Come è cambiata la scena musicale "resistente" negli ultimi 20 anni?
La musica degli anni novanta era ideologica e legata a una rete, quella alternativa dei centri sociali, con la quale dialogava. La musica degli anni zero invece è più disillusa e nasce dal bisogno di parlare alla gente del rione. È il racconto di chi vive in periferia subendo la presenza de ‘o sistema. A questi artisti non interessa parlare all’Italia, non a caso usano un linguaggio, spesso, incomprensibile anche al resto della città. La società cambia e di conseguenza anche la musica che ne è il riflesso.

In "Camorra Sound" ci sono molte interviste a personaggi famosi non solo napoletani. Pensi che sia possibile capire il fenomeno camorra per chi non lo vive sulla propria pelle?
Grazie alla rete e al successo di Gomorra credo che oggi chi ha voglia di approfondire lo possa fare facilmente. L’importante è scegliere bene cosa leggere e non avere pregiudizi. Se poi si vince la paura di farsi un giro a Napoli, allora siamo sulla buona strada.



La scena hip-hop ritieni possa contrastare tra i giovani il messaggio"ambiguo"di molti dei neomelodici?
Ne sono convinto anche perché oggi il rap è la musica dei giovani per eccellenza, ma spesso anch’essa è portatrice di messaggi ambigui come il gangsta rap nostrano. Stranamente a Napoli  il rap si sta (con)fondendo proprio con la neomeldia. Sono diversi gli artisti hip hop che collaborano con i neomelodici, ma questo non è un male anzi. Bisogna solo capire quali sono i messaggi che passano. Purtroppo il più delle volte c’è l’esaltazione di una vita fatta di belle auto, donne e soldi.


Nella discussione aperta col libro come collochi la musica degli A67?
Gli ‘A67 forse hanno aperto – come racconta Roberto Saviano – una nuova stagione d’impegno sociale, che non è più quella politica del movimento posse, ma una vera e propria militanza di racconto. Un racconto che nasce dal di dentro delle periferie. Siamo stati il primo gruppo a dedicare un intero disco al cancro della camorra, ma fortunatamente c’è stato pure chi prima di noi aveva affrontato il tema come Maurizio Capone.

Hai qualche nome da suggerirci di artisti dell'area napoletana che per il proprio impegno civile meritano attenzione?
Il rapper Dope One e il cantautore Maldestro con i quali abbiamo, anche collaborato.

       Intervista di Maurizio
                                 

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